Il mito di Amore e Psiche, alla scoperta di una delle storie più belle della mitologia

Questo racconto, di origine greca e contenuto in “Le metamorfosi” di Apuleio, si distingue da altre leggende simili per la presenza di un lieto fine.

La mitologia greca è una fonte inesauribile di storie d’amore, molte delle quali caratterizzate da un finale tragico. Per rendersene conto è sufficiente pensare ai miti di Orfeo ed Euridice e di Apollo e Dafne. Forse è per questo motivo che i pochi finali lieti sono memorabili: rappresentano un’eccezione alla regola, una ricompensa per i lettori che hanno già sofferto abbastanza. Uno dei più celebri è quello della storia di Amore e Psiche, nata in Grecia e resa immortale da Apuleio, che l’ha narrata in “Le metamorfosi”, uno dei romanzi più importanti della letteratura latina, nonché uno degli unici tre libri narrativi di quel periodo sopravvissuti fino ai tempi moderni (gli altri due sono “Satyricon” di Petronio Arbitro e “Storia di Apollonio re di Tiro” d’autore ignoto). Scopriamo assieme di che cosa parla.

Come Amore si innamorò di Psiche

In un regno lontano, i reali avevano tre figlie stupende, ma una di loro, la più giovane, spiccava per la sua beltà. Il suo nome era Psiche e il suo fascino era tale da indurre i popolani a paragonarla a Venere, la dea della bellezza. Ben presto, il numero dei forestieri smaniosi di ammirare la fanciulla aumentò, così come gli omaggi che le venivano tributati. Al tempo stesso, le persone che adoravano Venere diminuì e la divinità s’infuriò a tal punto da ordinare al figlio Amore (noto anche come Cupido) di far innamorare Psiche di un mostro. Il dio obbedì e si preparò a usare una delle sue frecce per soddisfare la richiesta, ma per sbaglio si trafisse un piede. S’innamorò così lui stesso di Psiche.

Statua di Eros (Amore)
Foto di pubblico dominio – Socialboost.it

Nel frattempo, i genitori di Psiche consultarono un oracolo per capire chi avrebbe dovuto sposare la figlia. Il responso non fu dei migliori: «Come a nozze di morte vesti la tua fanciulla ed esponila, o re, su un’alta cima brulla. Non aspettarti un genero da umana stirpe nato, ma un feroce, terribile, malvagio drago alato che volando per l’aria ogni cosa funesta e col ferro e col fuoco ogni essere molesta. Giove stesso lo teme, treman gli dei di lui, orrore ne hanno i fiumi d’Averno e i regni bui. (IV, 33)»

La promessa infranta

Rassegnata a un destino infausto, Psiche lasciò i genitori e raggiunse la rupe indicata dall’oracolo. Qui non incontrò un mostro, bensì Amore, che con l’aiuto di Zefiro, la personificazione del vento, la condusse nel suo palazzo. In questo luogo la giovane fu accudita da dei servitori invisibili fino al calar della notte, quando fu raggiunta dal dio. Quest’ultimo si dimostrò fin da subito uno sposo innamorato, ma non svelò la sua identità e le disse che i loro incontri si sarebbero sempre svolti al buio e che lei non avrebbe mai dovuto cercare di vederlo in volto o di scoprire il suo nome.

Rappresentazione di Amore e Psiche in un quadro di Jacques-Louis David
Foto di pubblico dominio – Socialboost.it

Psiche rispettò l’accordo, ma con il passare dei giorni iniziò a sentire nostalgia delle sue sorelle. Amore acconsentì malvolentieri ad ospitarle nel suo palazzo, così da rendere felice la sposa. Non appena videro il lusso in cui viveva Psiche, le sorelle provarono una feroce invidia e la misero in guardia nei confronti del misterioso marito, alludendo alla possibilità che si trattasse di un mostro intenzionato a ucciderla. Le consigliarono anche di aspettare la notte per pugnalarlo indisturbata. Vinta dalla paranoia, un giorno Psiche attese il calare delle tenebre per uccidere lo sposo, ma quando la luce della lanterna che portava con sé illuminò il suo volto non vide una creatura mostruosa, bensì il dio dell’amore in tutta la sua bellezza. Quest’ultimo, destato da una goccia d’olio caduta sulla sua spalla, scoprì che la moglie aveva infranto la promessa e si allontanò in volo. Psiche tentò di aggrapparsi alla sua gamba, ma non servì a nulla.

Le prove di Venere

La giovane, disperata, tentò più volte di suicidarsi, ma gli dei non glielo permisero. Iniziò così a girovagare per varie città e, dopo essersi vendicata delle sorelle, cercò di ottenere i favori delle divinità visitando vari templi. Quando raggiunse quello dedicato a Venere, decise di consegnarsi alla dea per placarne la furia. Ma ottenere il perdono di un essere divino non è mai un’impresa facile. Venere sottopose Psiche a quattro prove di difficoltà crescente.

Nella prima, la ragazza fu chiamata a suddividere un mucchio di granaglie di diverse dimensioni in tanti mucchietti uguali. Quest’impresa, apparentemente impossibile, gettò nello sconforto nella fanciulla, che si arrese ancora prima di tentare. Ma le formiche, commosse dalle sue sventure, decisero di darle una mano, permettendole di completare la prova e passare alla seconda: recuperare un filo di lana d’oro preso dal vello di un gregge di pecore. Grazie ai consigli di una saggia canna, che le consigliò di agire di sera, quando gli animali sarebbero stati meno aggressivi, Psiche riuscì a superare anche questo ostacolo.

Amore salva Psiche in un quadro di Antoon van Dyck
Foto di pubblico dominio – Socialboost.it

La terza prova di Venere consisteva nel raccogliere acqua da una sorgente situata in mezzo a una cima tutta liscia e a strapiombo. Questa volta Psiche fu aiutata a portare a termine l’incarico dall’aquila di Giove. La ragazza poté così cimentarsi nella quarta prova, la più complessa: scendere negli inferi e chiedere alla dea Proserpina un po’ della sua bellezza. Di fronte a una simile richiesta, Psiche perse ancora una volta le speranze e salì sulla cima di una torre per suicidarsi. All’improvviso l’edificio si animò e le svelò come completare la missione. Grazie alla conoscenza acquisita, Psiche raggiunse gli Inferi e ritornò con in mano un’ampolla, ricevuta da Venere, contenente il dono di Proserpina, che altro non era che il sonno più profondo. Inconsapevole di ciò, la fanciulla cedette alla curiosità e aprì il contenitore. Fu salvata da Amore, che con un bacio la destò dal sonno infernale.

Il matrimonio di Amore e Psiche

Dopo aver salvato Psiche, Amore raggiunse Giove, suo padre, e lo implorò di convincere Venere ad acconsentire al matrimonio. Il padre degli dei, commosso, fece quanto chiesto e i due innamorati poterono finalmente celebrare la loro unione alla presenza di tutte le divinità. Psiche ottenne l’immortalità e diventò la dea protettrice delle fanciulle e dell’anima. Dalla sua unione con Amore nacque una figlia: Voluttà.

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