Temporali: quali fattori ne determinano la frequenza?

Il caldo e l’umidità possono creare i presupposti per temporali pomeridiani improvvisi, ma tutto cambia con il riscaldamento globale

I mesi estivi sono sempre stati sinonimo di relax, in cui ci si può distendere al sole e magari fare un picnic all’aria aperta.

Ma a chi non è capitato, proprio durante quei caldi pomeriggi, di vedere apparire quasi dal nulla cupe nubi temporalesche che hanno obbligato a cercare rapidamente riparo prima dello scatenarsi di una tempesta? Perché sembra che i temporali si verifichino molto più spesso in estate?

La ragione è semplice: il clima estivo spesso crea le condizioni perfette per la formazione dei temporali, poiché le temperature calde consentono all’atmosfera di trattenere più umidità, e l’umidità è un prerequisito per la formazione delle nubi, soprattutto degli alti e minacciosi cumulonembi, che producono tuoni e lampi.

Ma non è così ovunque e con il cambiamento climatico – che rende il pianeta sempre più caldo – alcune aree geografiche stanno registrando una maggiore frequenza dei temporali.

Il clima caldo prepara il terreno per i temporali

Quando il sole riscalda il terreno l’aria superficiale naturalmente sale fino a scontrarsi con un soprastante strato di aria fredda, creando così un’instabilità atmosferica: la componente necessaria per un temporale.

Cielo scuro pre temporale
Foto | Unsplash @Dave – Socialboost.it

Una volta attivata questa pompa, tutto ciò che serve è un innesco, ovvero qualcosa che faccia sì che l’aria calda continui a salire.

Questo potrebbe essere ad esempio un fronte meteorologico (una collisione tra due masse d’aria) oppure una catena montuosa che crea una barriera che obbliga l’aria a spostarsi verso l’alto.

Mentre l’aria calda e umida continua a salire, i cumulonembi incrementano sempre di più le proprie dimensioni e crescono in altezza, fino a che le goccioline di umidità si trasformano in particelle di ghiaccio che rimbalzano l’una sull’altra, creando cariche elettriche che infine si scaricano sotto forma di fulmini, che riscaldano ed espandono l’aria circostante producendo i tuoni. Solo il 10% circa dei fulmini raggiunge il suolo; il resto si scaricano da una nuvola all’altra.

Si stima che in tutto il mondo si verifichino 16 milioni di temporali all’anno, e in ogni momento ne siano in corso circa 2.000.

Se ne registrano circa 200.000 ogni anno nei soli Stati Uniti d’America, il 10% dei quali sono classificati come “gravi”: ovvero con grandine di almeno 2,5 cm di diametro o venti di almeno 93 km orari.

Secondo Matthew Elliott, meteorologo del Centro previsione tempeste del Servizio meteorologico nazionale di Norman, in Oklahoma, sono numerose le aree degli USA in cui i temporali sono particolarmente diffusi e spesso di grave entità.

Una è la zona lungo la costa medio-atlantica fino agli Stati della costa del Golfo, dove i temporali sono alimentati dal calore e dall’umidità prodotti dall’Oceano Atlantico e dal Golfo del Messico.

Un’altra è quella subito a ovest delle Montagne Rocciose, nelle aree più elevate di California e Colorado, dove i rilievi costringono l’aria riscaldata a salire, causando temporali quasi ogni giorno e soprattutto nel pomeriggio, dopo che le condizioni temporalesche hanno avuto la possibilità di svilupparsi.

Per contro, in alcune parti degli USA le condizioni meteorologiche ostacolano la formazione dei temporali per lunghi tratti durante l’estate.

In ampie zone di Texas e Oklahoma “il clima è molto caldo e umido, ma non c’è attività temporalesca su base giornaliera”, spiega Elliott.

Il motivo è che uno strato di aria calda, generalmente in movimento verso nord dagli altopiani settentrionali del Messico, funge da coperchio impedendo all’aria riscaldata e instabile sottostante di salire e scontrarsi con l’aria fredda che si trova più in alto.

Essendo questa regione geografica prevalentemente piatta, “non ci sono dei meccanismi di sollevamento dati dalla topografia” che permettano di rompere e attraversare quel coperchio, spiega Elliott.

Le tempeste spesso si spostano lungo i margini del coperchio di aria calda, formandosi poi nella sua periferia settentrionale, in luoghi come il Kansas e il Dakota del Nord, e a est lungo la valle dell’Ohio.

E anche se in Oklahoma le forti tempeste non sono certo una rarità – essendo questa la regione considerata a livello globale l’epicentro di tornado e super tempeste – il periodo in cui si verifica la maggior parte di questi eventi è tipicamente tra aprile e maggio, ovvero prima che il coperchio di aria calda estiva si stabilizzi.

Questo non significa che gli abitanti dell’Oklahoma non debbano preoccuparsi dell’eventualità di grandinate e temporali in estate, né che gli Stati più umidi non si trovino mai ad attraversare periodi di siccità.

Elliott sottolinea che “i fenomeni di forte maltempo possono verificarsi ovunque e in qualsiasi momento, ma ci sono aree e stagioni in cui si registrano dei picchi”.

Che impatto ha il cambiamento climatico?

Non è chiaro se questo quadro si manterrà tale, data l’alterazione dei modelli meteorologici prodotta dal cambiamento climatico.

Temporale con i fulmini
Foto | Unsplash @Johannes Plenio – Socialboost.it

Più l’aria è calda, più umidità può trattenere e diventa così probabile che l’aumento delle temperature produca un aumento delle precipitazioni, durante le manifestazioni temporalesche.

Un recente studio ha rilevato che, in base agli scenari di riscaldamento previsti, la costa orientale degli Stati Uniti potrebbe arrivare a registrare fino a nove giorni in più di temporali e tempeste, mentre il sud-ovest potrebbe vedere un aumento nella pesante coltre di aria calda che li sopprime.

Elliott tiene tuttavia a sottolineare che gli eventi meteorologici si verificano su scala molto minore rispetto alla vasta portata del cambiamento climatico globale, e piccole perturbazioni locali possono influenzare la formazione e lo sviluppo delle tempeste, rendendo difficile la previsione esatta dei cambiamenti.

“Questi fenomeni non sono così semplici da prevedere come gli uragani, le inondazioni o gli incendi” – continua Elliott – “Le correlazioni con il cambiamento climatico non sono affatto lineari”.

In generale, Elliott afferma che sia ragionevole supporre che i temporali si verificheranno con maggiore frequenza in aree e in periodi in cui tali fenomeni sono normalmente inattesi: dopo il picco dell’estate e in autunno, oppure più a nord del solito, per esempio.

L’esperto cita, a supporto di tale previsione, il fatto che nel dicembre 2021 i tornado hanno colpito sia il Minnesota che il Kentucky, verificandosi in aree e periodi assolutamente non comuni.

Il cambiamento più rilevante, tuttavia, sarà probabilmente che quello che è un sistema già caotico lo diventerà ancora di più e la sua imprevedibilità aumenterà.

Ciò potrebbe significare, ad esempio, che le regioni che di solito non sono frequentemente teatro di forti temporali estivi potrebbero iniziare a esserlo. Allo stesso modo, in aree in cui di solito d’estate si registrano forti temporali il clima potrebbe diventare più mite.

“Abbiamo in totale circa 50-60 anni di dati attendibili, ma i primi 50 anni non sono coerenti come gli ultimi 10”, spiega l’esperto. “Quindi ritengo che nei prossimi 5-10 anni saremo in grado di fare previsioni più precise, quando inizieremo a capire meglio quali saranno i cambiamenti”.

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