Riti funebri di 15 mila anni fa: i cadaveri non venivano seppelliti ma mangiati

Il cannibalismo era tipico dei riti funebri della civiltà magdaleniana, i cui resti sono stati trovati in vari siti archeologici dell’Europa del Nord

Ci sono pochi tabù più inquietanti del cannibalismo. La semplice idea di nutrirsi della carne di un essere umano basta a far rabbrividire la stragrande maggioranza delle persone e i registi e gli autori specializzati nell’horror hanno esplorato questa naturale repulsione in storie come “Il silenzio degli innocenti”, “Cannibal holocaust” e “Bones and All”. Nell’ambito del folklore popolare sono nate varie leggende atte a disincentivare la pratica, tra cui quella del Wendigo, mostro nato dall’immaginazione dei nativi americani che vivevano nella regione dei grandi laghi. Eppure c’è stato un periodo antico in cui il cannibalismo non solo era socialmente accettato, ma svolgeva anche una precisa funzione rituale.

I ritrovamenti in Nord Europa

Secondo quanto emerso da uno studio condotto dai ricercatori del Natural History Museum di Londra, i cui risultati sono stati pubblicati sulle pagine della rivista scientifica Quaternary Science Review, 15mila anni fa il consumo di carne umana faceva parte delle normali consuetudini funerarie in alcune parti del Nord Europa. Le analisi di diversi siti archeologici risalenti al Paleolitico superiore hanno permesso agli esperti di stabilire che i gruppi che praticavano il cannibalismo durante i riti funebri erano accomunati dalla stessa cultura e avevano il medesimo patrimonio genetico.

Questi antenati dell’uomo moderno facevano parte della civiltà magdaleniana, il cui nome deriva dal sito archeologico francese La Madeleine. Era estesa dal nord della Spagna alle isole britanniche e dalla Francia alla Polonia e i suoi membri erano in grado di realizzare utensili con materiali come selce, osso e corno di renna.

Cannibalismo funebre e sepolture

L’indagine dei ricercatori è partita dall’analisi di alcuni resti umani con evidenti tracce di cannibalismo rinvenuti in una grotta del Somerset (Regno Unito) nota come Gough’s Cave. Tra i reperti non mancavano ossa aperte e morsicate per estrarne il midollo, alcune delle quali intagliate con motivi a zig-zag, oltre a tre tazze ottenute tramite la lavorazione di altrettanti crani umani. Gli esperti hanno preso in esame anche i resti archeologici presenti in altri 59 siti legati alla cultura magdaleniana e in 13 di essi hanno trovato altri esempi del cannibalismo funebre tipico di tale civiltà. In altri 10 sono state rinvenute prove di sepolture deliberate, anche accompagnate da offerte. Infine, in due siti sono state individuate tracce di entrambi i riti funebri.

Le ipotesi dei ricercatori sui riti funebri

Silvia Bello, paleoantropologa del Natural History Museum e prima autrice dello studio, spiega che il team di ricercatori ha interpretato “la pratica diffusa del cannibalismo nel nordovest d’Europa in un limitato periodo di tempo come un’indicazione del fatto che questo comportamento fosse parte dei riti funerari tra i gruppi magdaleniani, e non semplicemente dettato dalla necessità”.

Tramite le analisi genetiche condotte è stato dimostrato che è possibile ricondurre tutti i resti umani con tracce di cannibalismo a una comune origine magdaleniana. Inoltre, tutti gli individui rinvenuti in normali sepolture hanno un patrimonio genetico che può essere associato a una differente civiltà, quella epigravettiana. Questo risultato ha senso, considerando che entrambe le culture sono coesistite nell’Europa di 15mila anni fa. I ricercatori ipotizzano che il progressivo abbandono del cannibalismo funebre in favore delle sepolture primarie sia dipeso dalla migrazione verso nord di individui di cultura epigravettiana, che non seguivano gli stessi rituali dei magdaleniani.

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