6 anni senza Paolo Villaggio, la sua vita e la sua amicizia con De Andrè

Paolo Villaggio, figura poliedrica del panorama artistico italiano, ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo dello spettacolo

 

La presenza magnetica sul palcoscenico e sul grande schermo ha affascinato il pubblico per decenni, facendo di Paolo Villaggio una delle icone del cinema italiano. La sua carriera di Paolo Villaggio è stata coronata di successi, tanto da meritare importanti riconoscimenti nel corso degli anni. Tra il 1990 e il 2009, Villaggio ha raggiunto l’apice della sua carriera, portando a casa ben quattro premi prestigiosi, coronati nel 2009 dal conferimento del David di Donatello, suggellando così una carriera segnata dalla maestria.

Paolo Villaggio e la sua carriera in salita

La carriera di Paolo Villaggio è stata molto intensa e ricca di successi, con una varietà di ruoli che dimostrano la sua versatilità e talento nella recitazione. Le storie irresistibilmente truculente dei suoi personaggi, dotati di grande umanità, ci hanno insegnato il senso dell’onore, mentre certe battute ci hanno condotto alla comicità pessimista, quella che ci spinge ad amare e odiare il personaggio allo stesso tempo. La sua abilità nel dirigere, scrivere e interpretare ruoli distintivi ha lasciato un’impronta indelebile nella storia dello spettacolo, definendo un nuovo standard professionale e intellettuale per gli aspiranti artisti.

Paolo Villaggio in Fantozzi
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Che sia con le sue irresistibili interpretazioni comiche o con il suo talento innato nell’affrontare ruoli drammatici, Paolo Villaggio ha illuminato il mondo dello spettacolo con la sua presenza ineguagliabile. La sua memoria vivrà per sempre nel cuore di coloro che hanno avuto il privilegio di assistere alle sue straordinarie performance e nell’immaginario collettivo di chi è stato toccato dalla sua magia. 

Paolo Villaggio, nato il 31 dicembre 1932 nella pittoresca Genova e spentosi all’età di 84 anni, il 3 luglio 2017 nella città di Roma, era figlio di un ingegnere e di un’insegnante. Ha trascorso un’infanzia  caratterizzata da difficoltà finanziarie a causa degli effetti della Seconda Guerra Mondiale ma condivisa col suo gemello, Piero.

Dopo aver completato gli studi al liceo classico Andrea Doria, Villaggio ha lavorato come cameriere e speaker per la BBC, ha anche intrapreso la carriera di intrattenitore e cabarettista sulle navi da crociera, insieme a suoi amici come Fabrizio De André e Silvio Berlusconi.

Negli anni ’60, si è unito alla rivista goliardica BAISTROCCHI e ha iniziato a frequentare i pub e i locali dove divertiva il pubblico con il suo umorismo. La sua vera prima esperienza teatrale è avvenuta al Teatrino di Piazza Marsala a Genova, dove ha presentato il suo primo personaggio, il professor Kranz.

Si è poi trasferito a Roma, recitando nel cabaret “Sette per otto” nel 1967. È stato qui che Maurizio Costanzo lo ha scoperto e gli ha aperto la strada alla radio, con il programma “Il sabato del Villaggio“, seguito dagli show televisivi “Quelli della domenica” (1968) e “Senza rete” (1971) dove ha ottenuto la sua prima vera consacrazione. 

Nel film Mangiala (1968) che l’attore comico Paolo Villaggio fece il suo debutto sul grande schermo grazie alla guida illuminata di Francesco Casaretti. Il percorso di carriera di Paolo Villaggio nel mondo del cinema è stato fonte di ammirazione e ispirazione per molti, confermando il suo status come uno dei più grandi comici della sua generazione. 

Paolo Villaggio e Ugo Fantozzi: la svolta

Il ragioniere Ugo Fantozzi ha segnato la vera svolta nella carriera dell’attore Paolo Villaggio, non limitandosi soltanto alla televisione ma estendendosi anche all’editoria. Le sue storie brevi incentrate sul personaggio di Ugo Fantozzi, un inetto contabile perseguitato dalla sfortuna e vessato dai superiori aziendali, sono state pubblicate su riviste come L’Espresso e L’Europeo. Il libro “Fantozzi” del 1971 è diventato un best seller, spingendo Villaggio a scrivere altri libri sul ragioniere, che hanno ottenuto un enorme successo anche a livello internazionale.

Da questo momento in poi, il nome di Villaggio è diventato indissolubilmente legato al suo personaggio di Fantozzi, una delle saghe cinematografiche più longeve della commedia italiana, con altre 9 pellicole che hanno seguito nel corso degli anni.

In conclusione, Fantozzi ha influenzato non solo l’immaginario collettivo, ma anche la carriera di Paolo Villaggio e l’intero panorama culturale italiano. 

L’amicizia con De Andrè

L’indissolubile amicizia fraterna che legava il Villaggio e De André ha dato vita a una delle composizioni più straordinarie di Faber. Nonostante le loro radici in famiglie borghesi, i due ribelli si incontrarono per la prima volta nella splendida cornice di Cortina, nel lontano 1948. Nonostante provenissero da famiglie benestanti, entrambi con una natura ribelle, si strinsero l’un l’altro inseparabilmente. Uno tifoso della Sampdoria (Villaggio), l’altro del Genoa ma le cose che li univano erano molto di più. Entrambi frequentavano il liceo classico, anche se in due scuole diverse (“il D’Oria” per Villaggio e “il Colombo” per De André) ed entrambi avevano intrapreso gli studi di Giurisprudenza, che abbandonarono prematuramente. 

Inoltre, condividevano serate indimenticabili trascorse nei locali dei vicoli di Genova. Fu Villaggio a coniare il soprannome di Faber per il suo amico, in omaggio alla passione di De André per i pastelli. 

Prima di raggiungere la fama, duettarono insieme a bordo di navi da crociera. Villaggio ricordò al Messaggero: “Quando Fabrizio iniziava con le prime note de Il Testamento, davanti a un pubblico composto principalmente da anziani, ci rendevamo conto che quei vecchi non erano ancora morti. Lo capivamo perché alle prime parole e ai primi versi di Fabrizio, tutti si toccavano vigorosamente le palle“. Insieme, attraversarono “varie stagioni della vita“: la fame e l’autentica anima di Genova col suo inconfondibile profumo di pitosfori. “De André era una persona estremamente sensibile e quando si è amici, soprattutto da bambini, si parla della morte come di qualcosa di lontano, totalmente improbabile“, rifletteva Villaggio. Ma la realtà si presentò prima del previsto. 

Nel 1999, Fabrizio si ammalò. Negli ultimi due mesi, i due amici non trovarono mai il coraggio di incontrarsi o vedersi “perché stavolta non era un gioco, non era letteratura, era la terribile realtà“, confessò Villaggio. L’11 gennaio, il cantautore morì e Genova cadde in un silenzio profondo.

Sui mezzi pubblici, nelle aule scolastiche, nei mercati, tutti parlavano soltanto di una cosa: “È morto Fabrizio“. Quando la bara raggiunse la basilica di Carignano, tutti chinavano il capo, senza parole. Erano presenti da ore, nonostante il vento e il freddo di gennaio. Anche Villaggio era lì. Quel giorno, “per la prima volta”, ebbe il sospetto che lui non avrebbe mai avuto un funerale simile, con quell’emozione e quella partecipazione di tutti. “Gli avrei detto: ‘Guarda, per la prima volta, ho provato invidia per un funerale'”.

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